LA MOTIVAZIONE ALLO STUDIO

LA MOTIVAZIONE ALLO STUDIO

 

(MOTIVAZIONI INTRINSECHE ED ESTRINSECHE)

Gli psicologi sociali classicamente distinguono il “bisogno” dalla “motivazione”; il primo sostanzialmente è uno stato d’essere che segnala uno “squilibrio”, una “mancanza”, un “vuoto” psicofisiobiologico  e/o sociale, la seconda riguarda la “spinta ad agire” che parte da questo stato di bisogno nel tentativo di ripristinare un  benefico  equilibrio organismico attraverso quegli scambi omeostatici con l’ambiente che fatalmente lo realizzano (fosse anche , banalmente, procurarsi il cibo quando si ha fame).

Sempre seguendo la tradizione, si distinguono le motivazioni intrinseche da quelle estrinseche.

Le prime, riguardano quelle attività la cui spinta proviene dall’interiorità psicologica e che perciò si fanno per il gusto di farle, perché le si ama (hobby, interessi, passioni; iscriversi ad un corso di tecnica pittorica perché si ama la pittura); le seconde riguardano quelle attività la cui spinta proviene dall’esterno sociale sottoforma di conseguimento di premi, vantaggi socio-economici o di prestigio (iscriversi ad un corso di tecnica pittorica non perché si ami particolarmente la pittura  ma perché p.es. si acquisisce un maggior punteggio per la partecipazione ad un concorso al ministero delle “Belle Arti”).

La motivazione allo studio non esula da tale impostazione. Le motivazione intrinseche scolastiche-universitarie riguardano logicamente l’amore appassionato per lo studio e per alcune discipline del classico studente-modello; le motivazioni estrinseche, invece, si agganciano alla prospettiva allettante di ricompense (premi/regali dei genitori, all’ottenimento dei bei voti da parte degli insegnanti e ad una buona dose di individualismo competitivo).

Le prime si collegano ad obbiettivi di padronanza (need for competence; bisogno di competenza), le seconde ad obbiettivi di prestazione.

A prima vista, sembrerebbe che contino di più le motivazioni intrinseche, quelle che a noi piace immaginare come le più “vere” che rappresentano la nobiltà d’animo e l’autenticità umana dell’individuo. In effetti da vari studi e ricerche è risultato che all’inizio di un qualsiasi percorso scolastico/professionale le motivazioni intrinseche risultavano preponderanti rispetto a quelle estrinseche, ma durante il percorso formativo quelle estrinseche si prendevano la rivincita e verso la fine del percorso andato a buon fine, quasi si equiparavano (con una leggera prevalenza di quelle intrinseche).

Come tradurre questi dati scientifici. Immaginiamo che il classico studente -modello  che ama ciò che studia , s’impegna con passione  dimostrando  padronanza della materia, incappi nel classico docente “tirchio” di voti che inconsciamente intenda dimostrare che lo studente sa sempre meno di lui e non sarà mai alla sua altezza, e magari quel povero studente sia  anche costretto a subire  gli improperi dei suoi  genitori che non s’accontentano mai; il probabile risultato sarà una frustrazione emotiva sistematica che finirà per svilire quella “intrinsecità motivazionale” che pur possedeva.

Analogamente al contrario. Immaginiamo un docente che “regali” i voti per non impegnarsi e non avere grattacapi ad uno studente completamente demotivato intrinsecamente; il   ragionamento di quest’ultimo sarà “anche se non m’impegno andrà sempre bene” e il risultato sarà che le motivazioni intrinseche che formano il “di dentro” dell’individuo rimarranno allo stato brado, disperse chissà dove!

Le motivazione intrinseche ed estrinseche non essendo affatto le une contro le altre devono trovare un punto d’incontro che rappresenta la totalità psicosociale dell’individuo; questo punto d’incontro lo possiamo individuare nel concetto di “conferma” (esterna) che stima il materiale interno, valutandone il livello nella prospettiva futura del suo sviluppo, soltanto così è possibile crescere e migliorarsi.

Il soggetto deve essere riconosciuto per quello che è,  e qualcuno glielo  deve pur dire; stimare la qualità del merito non deve limitarsi ad una angusta valutazione  solo scolastica ma ad una rivalutazione personale-esistenziale come monitoraggio continuo di un’identità che vuole sapere chi è, cosa può fare, dove andare!

In tal senso il termine “meritocrazia” è troppo gelido e risulta fuorviante e improprio, dal momento che sembrerebbe voler stimare solo i risultati senza l’analisi dei processi interni e delle risorse.

Per ultimo, vorrei fare una considerazione storico-sociale di carattere generale nel tentativo di restituire un filo di speranza a tutti quegli studenti “demotivati alla vita” che continuano a prendere brutti voti a scuola e a tutti quei genitori (ma anche insegnanti) che si disperano per questo.

Viviamo in un’epoca che gli intellettuali definiscono “POSTMODERNISMO”, in cui si sono perse tante certezze antropologiche valoriali e sicurezze socio-economiche, viviamo in una realtà sociale fluida o, come direbbe , Bauman “liquida” che si muove continuamente a ritmi vertiginosi e ,come le dune del deserto, non può più dare punti esterni di riferimento certi con cui orientarsi.

Fino a 20/30 anni fa studiare per diventare avvocato o medico, dava una relativa certezza che si sarebbe fatta quella professione. Oggi non è più così!

Potremmo dire che la liquidità della società ha fiaccato le motivazioni estrinseche , ma per il discorso fatto fin qui,  questa fiaccatura ha finito per erodere anche quelle intrinseche ed oggi , pur senza incorrere in generalizzazioni catastrofiche, assistiamo frequentemente a questo scenario che vede molti giovani fiaccati nell’animo dispersi “dentro” e “fuori” che non sanno più orientarsi. (un esempio su tutti è proprio il caso degli hikikomori non solo in Giappone ma ormai anche in Europa).

Bene! Proprio perché oggi è estremamente difficile ritrovarsi seguendo il filo della tradizione dal momento che tale filo   risulta sfuggente,  invisibile, imprendibile e non si tramanda ai posteri,  tanto vale cercare d’intercettare  il filo della propria “vita interiore”, quel filo che nessuno ci può togliere perchè nessuno ce lo può dare; è il filo d’Arianna che conduce FUORI dal  labirinto  della confusione , dei pensieri dispersi, del vuoto emotivo,  dell’immobilismo ma anche delle azioni folli, delle immaginazioni e  fantasie mitiche, della fuga nelle dipendenze,  della pretesa di  avere garanzie immediate, FUORI dal labirinto-eremo della propria mente, nello SPAZIO DEL NOI   , l’unico luogo  dove può realizzarsi il DESIDERIO di essere PER SE’ e PER GLI ALTRI!

 

 

 

BIBLIOGRAFIA

 

Zygmunt  Bauman “Vita liquida”, Laterza, Bari, 2006

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