LO SPORT NELL’ETA’ EVOLUTIVA
“Lo sport maestro di vita”, “lo sport forgia il carattere”; “Mens sana in corpore sano”. Già nella seconda metà del 1600 il grande filosofo e pedagogista John Locke (precursore della psicologia moderna) indicava nello sport un’attività formativa fondamentale della personalità del futuro gentleman inglese, colui che, lungi dal campare di rendita ma dando per primo l’esempio di laboriosità, avrebbe rappresentato la classe dirigente del domani. Medici, insegnanti, psicologi, pedagogisti, tutte quelle figure che si occupano professionalmente di bambini e adolescenti sottolineano quanto sia importante a partire dai 6/7 anni, praticare uno sport con regolarità e costanza, non necessariamente agonistico. Tutte le attività sportive, infatti, promuovono dei valori basilari in età evolutiva, che si possono così sintetizzare:
- Si impara che l’importante non è vincere, ma migliorare se stessi, quindi imparare a perdere (cultura della sconfitta) è importante quanto imparare a vincere (cultura della vittoria).
- Giocando e divertendosi s’impara a rispettare le regole.
- S’impara che non s’ottiene nulla e non si migliorano i risultati senza impegno, costanza e determinazione.
- S’impara il rispetto dell’avversario che è il proprio simile.
- Si può trovare una compensazione agli scarsi risultati scolastici, se esistenti. Ma è anche vero che i successi sportivi possono rappresentare una fonte d’incremento dell’autostima e questa può funzionare da molla che incentiva la motivazione allo studio.
Una prima decisione da prendere, naturalmente in accordo con gli stessi soggetti interessati che non devono vivere lo sport come un’imposizione, riguarda la scelta tra sport individuali (sci, tennis, ciclismo, nuoto, atletica leggera , golf, ecc.) e sport di squadra ( basket, pallavolo, calcio, pallanuoto, pallamano, rugby, ecc.).
Sono validi entrambi, ma ciascuna tipologia presenta delle caratteristiche più adatte a soddisfare certe esigenze: gli sport di squadra tendono a valorizzare la dimensione ludica del gioco e quelli individuali la dimensione di disciplina e sfida con se stessi.
Con una lettura sicuramente un po’ schematica, si potrebbe affermare che gli sport di squadra si addicono più a ragazzi introversi, timidi e ansiosi, che temono la competizione individuale e il giudizio negativo degli altri sulla loro prestazione, al termine di una gara persa. In gruppo, invece, ci si sostiene, si dividono equamente i meriti di una vittoria e le responsabilità di una sconfitta, anche l’ansia di prestazione è ripartita tra i membri della squadra.
Attraverso lo sport di squadra si comprende l’importanza della collaborazione in vista dell’obbiettivo comune, instaurando quel clima di solidarietà in cui ciascuno si mette al servizio dei compagni coprendone anche gli errori, ciò che caratterizza lo spirito di squadra, da sempre l’ingrediente irrinunciabile per la vittoria.
Al contrario, per i ragazzi estroversi che sono tali perché temendo molto meno il giudizio degli altri sulle loro prestazioni , hanno costantemente bisogno di sfidare i loro limiti e mettersi alla prova, possono andar bene anche gli sport individuali.
Potremmo anche dire che per la psicologia dei ragazzi introversi gli avversari sono gli altri, mentre per quelli estroversi sono loro stessi.
Comunque, riprendendo lo spunto iniziale lo sport rappresenta un “maestro di vita” in entrambi i casi e per entrambe le tipologie.
BIBLIOGRAFIA
J.Locke “Pensieri sull’educazione”, ne “Il pensiero educativo”, a cura di D. Orlando, la Scuola, Brescia, 1981